Manifestazione a Venezia. Eravamo 4.000 in piazza, che volevano cambiare le pensioni.. “dopo 5 anni ancora esodati!”

lun 04 aprile 2016

VENEZIA «Non tutti i lavori sono uguali. Stare su di una impalcatura, spegnere incendi o tenere classi di 30 bambini non sono mestieri qualsiasi» tuona dal palco della manifestazione veneziana Susanna Camusso, segretario generale della Cigil. In piazza, anzi, in «campo» (campo Santa Margherita) c’erano almeno 4000 persone sotto una mare di bandiere, partecipazione alta in una manifestazione vivace ma tranquilla per chiedere di mandare in pensione la legge Fornero.

La richiesta al Governo è chiara: riaprire subito il tavolo con le parti sociali per rivedere il punto della flessibilità in uscita. Venezia, una delle tre piazze principali insieme a Napoli e Roma, è stata teatro, ieri mattina, della prima di una serie di mobilitazioni. «Non si può tornare su temi cruciali come le pensioni e il lavoro a ridosso della legge di stabilità – punge Camusso – stiamo ancora scontando i risultati delle scelte fatte in fretta e furia, dobbiamo discuterne adesso. In caso contrario non ci fermeremo qui e la mobilitazione continuerà».

Le rivendicazioni partono dall’età media in cui si va in pensione, la più alta in Europa accusano i sindacati. Un meccanismo che impedisce ai giovani di occupare quei posti di lavoro. E se pure un lavoro si riesce a rimediarlo ci si scontra contro contratti a tutele crescenti sempre più rari, dopo il boom dell’anno scorso legato a riconversioni e a sgravi contributivi o, sempre più spesso, al lavoro «accessorio», i tanto vituperati voucher. Su questo punto è intervenuto anche il segretario veneto della Cisl, Onofrio Rota «nel 2015 in Veneto si sono staccati 15 milioni di voucher e solo a gennaio di quest’anno abbiamo superato il milione e duecento mila. Il meccanismo è oramai fuori controllo». Gerardo Colamarco, segretario generale della Uil, si chiede «perché dopo cinque anni non sia ancora stata sanata la vergognosa condizione degli esodati».

Sotto al palco c’era anche Luigi, macchinista ferroviario da 33 anni che porta un cartello appeso al collo «Macchinista fino a 67 anni? Se ci arriviamo vivi». Per la sua categoria, infatti, l’età pensionabile è passata d’un colpo da 58 a 67 anni. Per i camionisti andare in pensione a 70 anni si traduce con meno sicurezza sulle strade. Santina Bussato si ritiene fra i privilegiati con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, si occupa delle pulizie nella casa di riposo di Santa Maria dei Battuti, a Mestre «ma il carico di lavoro continua a crescere e le tutele a calare. Ci sentiamo ricattati perché la fame di lavoro porta a dover accettare tutto». E poi c’era Nadia Mestriner che di fronte a un cambio d’azienda, sempre nel settore delle pulizie, ha fatto una scelta, non accettare il nuovo contratto e seguire la famiglia «ho una madre di 90 anni e un fratello disabile da accudire, quando riesco c’è pure il nipotino da tenere, è lavoro anche questo». Fra i pochi volti giovani presenti c’è Leonardo, trent’anni e un lavoro nelle officine meccaniche delle ferrovie «lavoro da 8 anni ma la preoccupazione è per il futuro. Fra i miei coetanei la disillusione verso i sindacati è fortissima, per questo c’è poca gente della mia età qui».

 

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