Come cambiano le pensioni? La risposta in sei punti
gio 29 settembre 2016
Dall’uscita anticipata per chi fa lavori usuranti all’estensione della quattordicesima a 1,2 milioni di cittadini. Barbagallo Uil: “Grazie al confronto, tenacemente cercato e voluto dalla Uil, insieme a Cgil e Cisl, e alla straordinaria mobilitazione dei lavoratori e dei pensionati, abbiamo raggiunto i primi obiettivi importanti. La strada è tracciata: proseguiremo in questa direzione”.
La ricongiunzione dei contributi versati
Diventa gratuita la ricongiunzione dei contributi per chi li ha versati a enti diversi avendo cambiato lavoro nel corso della sua carriera. Oggi chi chiede la ricongiunzione si vede presentare un conto spesso troppo salato e alla fine rinuncia. La ricongiunzione diventerà gratuita per tutti i lavoratori: dipendenti, autonomi (compresi i professionisti) e anche gli iscritti alle gestioni separate, quelle dei precari. L’assegno sarà calcolato pro-rata, cioè con le regole di ciascun ente di previdenza, senza più il vantaggio di poter scegliere il metodo più conveniente. Nel meccanismo sono «inclusi i periodi di riscatto della laurea». Di conseguenza il versamento dei contributi per gli anni passati all’università non avrebbe più solo l’effetto di aumentare il cosiddetto montante ma sarebbe valido anche ai fini del raggiungimento dei requisiti per le pensioni di vecchiaia e anticipate.
Lavori usuranti, via le finestre d’accesso e requisiti più semplici
Diversi gli interventi per chi fa lavori usuranti, come ad esempio i minatori. Per rientrare nella categoria, che dà diritto ad un pensionamento anticipato fino a 5 anni, non sarà più necessario aver svolto l’attività usurante nell’ultimo anno di lavoro. Requisito in alcuni casi paradossale, in effetti, visto che a fine carriera sono pochi i minatori che riescono ancora a fare i minatori. Resta invece il vincolo di aver svolto l’attività usurante per almeno sette anni negli ultimi dieci di lavoro. A partire dal 2019 l’età della pensione viene sganciata dalla speranza di vita, meccanismo che oggi sposta in avanti l’età della ritiro di un mese ogni anno. Eliminate le cosiddette finestre d’accesso, che oggi di fatto consentono il ritiro un anno dopo aver raggiunto i requisiti previsti dalla legge. Saranno poi studiate una serie di semplificazioni burocratiche per una procedura che oggi risulta parecchio complessa.
Importo ridotto del 6%, l’anno per chi esce prima
L’Ape, l’anticipo pensionistico, consentirà di lasciare il lavoro 3 anni e sette mesi prima del previsto ai nati tra il 1951 e il 1953. Chi lo sceglierà su base volontaria subirà un taglio dell’assegno del 6% per ogni anno d’anticipo, compresi gli interessi bancari e l’assicurazione. Al massimo la penalizzazione arriverà quindi poco sopra il 20%. Poi c’è il cosiddetto Ape social, riservato alle persone in difficoltà: disoccupati senza ammortizzatori sociali, disabili, lavoratori con disabili a carico e persone che svolgono quelle attività «gravose» che saranno definite nelle prossime settimane. Qui c’è una novità. Si era sempre detto che l’assegno non sarebbe stato tagliato a chi, rientrando in queste categorie, aveva una pensione al di sotto dei 1.500 euro lordi al mese. La soglia si è abbassata a 1.300 euro visto che nel documento si indica come parametro la Naspi, il nuovo assegno di disoccupazione, che ha proprio quell’importo. La cifra precisa, però, verrà definita nei prossimi giorni perché dipende da quanto ampia sarà la categoria delle attività gravose, che inciderà sui costi dell’operazione. Per chi ha un reddito più alto il taglio dell’assegno ci sarà, ma non andrà oltre il 3% per ogni anno di anticipo. In caso di ristrutturazioni aziendali il costo dell’Ape sarà a carico delle stesse imprese, senza gravare né sullo Stato né sul lavoratore. I lavoratori che avranno maturato i requisiti per l’Ape potranno scegliere anche la cosiddetta Rita, rendita integrativa temporanea anticipata. In sostanza una piccola rendita che «pesca» dalla previdenza complementare, con una tassazione agevolata intorno al 15%, contro il 23% previsto oggi per l’anticipo del Tfr.
Quattordicesima più ricca ed estesa fino a mille euro
La quattordicesima è l’assegno in più, fino a 500 euro, che viene incassato a luglio dai pensionati a basso reddito. Gli interventi previsti sono due. Il primo è l’aumento dell’assegno per quei 2,1 milioni di persone che già oggi lo prendono. L’incremento sarà in media del 30%: una quattordicesima che oggi ammonta a 500 euro, per fare un esempio, dovrebbe salire a 650 euro. In realtà il calcolo è più complesso perché, sia adesso che in futuro, l’importo dipende anche dagli anni di contributi versati nel corso della carriera lavorativa. In ogni caso non ci sarà il raddoppio dell’assegno che Matteo Renzi aveva ipotizzato pochi giorni fa in televisione.
Ritiro anticipato e meno tagli per chi è svantaggiato
I precoci sono le persone che hanno lavorato, e versato i contributi, per almeno dodici mesi prima dei 19 anni d’età. Due gli interventi previsti per la categoria. Potranno andare in pensione prima – con 41 anni di contributi, invece dei 42 anni e 10 mesi oggi previsti – se appartengono a tre categorie svantaggiate: disoccupati senza più ammortizzatori sociali, disabili oppure addetti ad attività «gravose». Quali sono le attività gravose? Ci potrebbero essere gli operai dell’edilizia, gli infermieri, forse i macchinisti dei treni e gli autisti di bus e tram. Ma bisogna aspettare qualche settimana perché governo e sindacati si confronteranno anche su questo punto e la lista definitiva non è stata ancora chiusa. Il secondo intervento è la cancellazione del taglio dell’assegno per chi va in pensione prima dei 62 anni d’età: oggi perdono l’1% per ogni anno d’anticipo.
Giovani, allo studio un assegno garantito legato ai contributi
Nel documento c’è anche un fase 2, interventi che non entreranno nella legge di Bilancio, ma saranno oggetto di confronto tra governo e sindacati nel corso del 2017. Il più importante è la «pensione contributiva di garanzia» per i giovani che rischiano di avere un assegno troppo basso. In sostanza un pezzo di pensione garantita dallo Stato ma legata comunque agli anni di contributi versati. Al momento è solo un annuncio. Nel 2019 dovrebbe cambiare il meccanismo di rivalutazione degli assegni legato all’inflazione, tornando alle regole più vantaggiose che erano state prima congelate dal governo Monti e poi solo parzialmente ammorbidite. Altro intervento è la separazione delle spese per previdenza e assistenza. Sembra un dettaglio tecnico ma non lo è perché renderebbe meno difficile superare i periodici esami di Bruxelles che oggi considera spesa previdenziale, ad esempio, anche il Tfr.
Fonte: Corriere della Sera