Agricoltura e lavoro, convegno Agri.bi. I risultati della ricerca fatta in collaborazione con l'Università di Verona

sab 20 febbraio 2016

Uomo (58,7%), straniero (53,5%) di età compresa tra 20 e 49 anni, diplomato, titolare di rapporto di lavoro a tempo determinato (81%) e inquadrato come operaio comune (70,1%). È l’identikit prevalente dell’occupato nelle campagne veronesi come risulta dall’indagine promossa dall’ente bilaterale per l’agricoltura scaligera Agribi, in collaborazione con l’Università locale.

IL CAMPIONE. I risultati dell’elaborazione dei questionari, somministrati a un campione di 499lavoratori appartenenti a diversi settori produttivi e dipendenti di 71 imprese agricole della provincia, sono stati presentati ieri, da Giorgio Gosetti, docente di sociologia del lavoro all’Università di Verona, al Polo Zanotto, in un convegno che si è chiuso con un confronto sul lavoro nel settore primario, protagonisti i sindacati Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil e le associazioni di categoria Confagricoltura, Coldiretti e Cia.

LE DOMANDE.Chi sono i lavoratori dell’agricoltura nel Veronese? Sono soddisfatti delle loro mansioni? Quali sono i loro timori per il futuro? Sono alcuni degli interrogativi ai quali ha cercato di rispondere la ricerca intitolata «I lavoratori dell’agricoltura: percorsi, culture e condizioni», frutto di un’operazione di raccolta ed elaborazione dati, durata un anno e mezzo. «Abbiamo dovuto superare diversi ostacoli, dovuti in alcuni casi alle differenze linguistiche, alla diffidenza degli stranieri a collaborare nelle risposte al questionario, alla chiusura da parte di alcuni titolari d’azienda», espone Lucia Bertell, docente dell’ateneo, che ha illustrato le metodologie seguite nell’impostare l’indagine.

AUTONOMIA E PAGA.Gli intervistati, che svolgono attività per lo più manuale (69,9%) nei settori dell’ortofrutta (42,9%), dell’uva (21,6%) e dell’allevamento (17,6%), lamentano una scarsa autonomia nella gestione del lavoro (non possono decidere da soli quando fare pause o scegliere le mansioni) e retribuzioni troppo basse.

PREVIDENZA. Guardando al futuro, sono preoccupati di non avere una pensione adeguata (79%), una disponibilità economica sufficiente (75,7%), un’assistenza sanitaria (68,9%), di perdere il posto di lavoro (57,5%), anche se un intervistato su tre spera di cambiare settore. Anche se solo una minoranza (24,6%) approda al primario per scelta, il 43,6% si ritenere «abbastanza soddisfatto», il 46,4% «molto soddisfatto» del lavoro in agricoltura, soprattutto se impiegato in un’impresa con massimo 5 addetti.

FORMAZIONE. Infine i dati su formazione, servizi e diritti. Il 36,9% ha seguito corsi di aggiornamento negli ultimi due anni; il 40,1% ne sente il bisogno, soprattutto in tema di sicurezza. Solo il 5% conosce Agribi e le prestazioni dell’ente bilaterale.

LE TUTELE SINDACALI. Il 46,7% del campione intervistato per la ricerca ha avuto rapporti con il sindacato, al quale chiede più attenzione. «I sindacati sono già presenti nel settore, ma la difficoltà ad entrare in certe imprese è stata certificata anche dai ricercatori che hanno svolto questa indagine», rileva Lucia Perina, segretario Uil veronese, che ha partecipato al convegno. «Le relazioni con i rappresentanti di categoria ci sono e sono solide», assicura Massimo Castellani, segretario provinciale Cisl, con riferimento a Claudio Valente e Paolo Ferrarese, alla guida di Coldiretti e Confagricoltura veronesi, che ascoltano Gosetti, «Ma occorre entrare più capillarmente nel tessuto delle imprese agricole, anche delle più piccole, magari con il coinvolgimento diretto dei lavoratori».

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